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Le differenze tra il perdono di Ratzinger e di Wojtyla


Le Giornate interreligiose di Assisi e i «mea culpa» sono forse le eredità wojtyliane più impegnative per Benedetto XVI: non intende eluderle, tanto centrali esse erano state nel Pontificato del predecessore, ma nel farle sue egli ambisce a correggerle in aspetti non secondari. Giovedì scorso le due sfide venivano a sommarsi, perché la prima Giornata di Assisi (1986) che egli andava a commemorare era stata anche l’ occasione di un famoso «atto di penitenza» per le guerre combattute dai cattolici nella storia. Si può dire – post factum – che il Papa teologo sia riuscito a garantire continuità e correzione insieme ad ambedue quelle imprese. Fedeltà e novità nell’ articolazione della Giornata sono state evidenziate dalle cronache dell’ evento che hanno dato – com’ era ovvio avvenisse – minore attenzione al «mea culpa» sulle guerre che pure c’ è stato, formulato con parole equivalenti a quelle del predecessore ma con un’ aggiunta rivelatrice. «Non siamo sempre stati dei costruttori di pace» aveva detto Wojtyla nel 1986, aggiungendo che quella Giornata voleva essere anche «un atto di penitenza». Benedetto ha analogamente riconosciuto che «nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza» e che i cristiani ne sono «pieni di vergogna». Fin qui le due «confessioni» si equivalgono. Ma quella di Benedetto si differenzia per un’ aggiunta che riguarda il presente – non affatto privo di manifestazioni di violenza cristiana – mentre la «penitenza» wojtyliana in quell’ occasione era rivolta al passato: «È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificarla continuamente a partire dal suo centro interiore affinché sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo». Con questo sulle guerre sono tre i «mea culpa» pronunciati fino a oggi da Papa Benedetto: in due occasioni (12 febbraio del 2009 e il 17 gennaio 2010) aveva fatto sua la richiesta di perdono per la Shoah dettata dal predecessore e in un’ altra (11 giugno 2010) aveva formulato una propria «confessione di peccato» per la pedofilia del clero.

Accattoli Luigi

Ratzinger: restare uniti alla fede come il tralcio con la vite


Dio ha un progetto per l’uomo, ma spesso la sua risposta è orientata all’infedeltà: è il monito di Benedetto XVI che, all’Angelus in Piazza San Pietro, si è soffermato sulla parabola dei vignaioli infedeli. Il Papa ha quindi esortato a restare uniti a Cristo come il tralcio alla vite. Al momento dei saluti ai pellegrini, ha così ricordato la figura di Suor Antonia Maria Verna, che verrà Beatificata oggi pomeriggio ed ha salutato i partecipanti al Congresso mondiale della Divina Misericordia, a Cracovia. Parlando in francese, il Papa ha invitato i docenti ad insegnare ai propri allievi l’amore per la verità. Il servizio di Alessandro Gisotti:

“A voi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato ad un popolo che ne produca frutti”: All’Angelus, il Papa cita un passo del Vangelo domenicale, incentrato sulla parabola dei vignaioli infedeli. Questo severo monito rivolto da Gesù ai capi dei sacerdoti, sottolinea, fa “pensare alla grande responsabilità di chi, in ogni epoca, è chiamato a lavorare nella vigna del Signore, specialmente con un ruolo d’autorità”. Gesù, spiega il Pontefice, è “la pietra che i costruttori hanno scartato”, “perché l’hanno giudicato nemico della legge e pericoloso per l’ordine pubblico”:

“Ma Lui stesso, rifiutato e crocifisso, è risorto, diventando la ‘pietra d’angolo’ su cui possono poggiare con assoluta sicurezza le fondamenta di ogni esistenza umana e del mondo intero”.

Ecco dunque di quale verità parla la parabola: il proprietario della vigna rappresenta Dio stesso, “mentre la vigna simboleggia il suo popolo, come pure la vita che Egli ci dona” affinché “operiamo il bene”:

“Dio ha un progetto per i suoi amici, ma purtroppo la risposta dell’uomo è spesso orientata all’infedeltà, che si traduce in rifiuto. L’orgoglio e l’egoismo impediscono di riconoscere e di accogliere persino il dono più prezioso di Dio: il suo Figlio unigenito”.

“Dio – ha proseguito il Papa – consegna se stesso nelle nostre mani, accetta di farsi mistero insondabile di debolezza e manifesta la sua onnipotenza nella fedeltà ad un disegno d’amore che, alla fine, prevede però anche la giusta punizione per i malvagi”. Di qui, una viva esortazione del Papa ai fedeli di oggi:

“Saldamente ancorati nella fede alla pietra angolare che è Cristo, rimaniamo in Lui come il tralcio che non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite. Solamente in Lui, per Lui e con Lui si edifica la Chiesa, popolo della nuova Alleanza”.

“Il Signore – ha proseguito – è sempre vicino e operante nella storia dell’umanità” e ci accompagna anche con la presenza dei suoi Angeli che oggi la Chiesa venera quali “Custodi”, “ministri della divina premura per ogni uomo”. Ed ha sottolineato che “dall’inizio fino all’ora della morte, la vita umana è circondata dalla loro incessante protezione”:

“E gli Angeli fanno corona all’Augusta Regina delle Vittorie, la Beata Vergine Maria del Rosario, che nella prima domenica di ottobre, proprio a quest’ora, dal Santuario di Pompei e dal mondo intero, accoglie la fervida Supplica, affinché sia sconfitto il male e si riveli, in pienezza, la bontà di Dio”.

Dopo l’Angelus, il Papa ha innanzitutto ricordato l’odierna Beatificazione di Suor Antonia Maria Verna, che verrà celebrata ad Ivrea dal cardinale Tarcisio Bertone:

“Rendiamo grazie a Dio per la luminosa figura della nuova Beata, vissuta tra XVIII e XIX secolo, modello di donna consacrata e di educatrice”.

Quindi, al momento dei saluti, in lingua francese, il Papa ha invitato i professori a trasmettere ai propri allievi “l’amore per la conoscenza e per la verità”. Il sapere, ha osservato, “è importante ma lo è ancora di più la formazione della persona”, affinché sia in grado di “trovare la verità” e “fare delle scelte libere”:

“Eduquez aussì les jeunes aux valeurs…”
Ancora, il Papa ha incoraggiato i docenti ad “educare i giovani ai valori morali e spirituali autentici affinché li aiutino a trovare un senso alla loro vita”. In inglese e polacco, ha salutato i partecipanti al Secondo Congresso mondiale della Divina Misericordia in corso a Cracovia. Dal Pontefice, l’auspicio che venga portato al mondo “il lieto messaggio che la Misericordia è fonte della Speranza”. In lingua italiana, ha ricordato l’iniziativa “Gesù al Centro”, promossa dalla Pastorale giovanile della diocesi di Roma. Infine, un appello per risolvere un problema che, purtroppo, mette in difficoltà molte persone disabili:

“Incoraggio l’impegno delle istituzioni e delle associazioni di volontariato per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Auguro a tutti una buona domenica. Buona settimana. Grazie!”

fonte: radio vaticana

Francia: la donna con il niqab che vuole l’Eliseo


E’ altamente improbabile che possa riuscirci, ma Kenza Drider, una donna di Avignone, nel sud della Francia, che indossa il niqab, ha dichiarato oggi di volersi presentare alle presidenziali 2012 per ”ottenere l’abrogazione della legge sul velo integrale”.
Sembra tuttavia impossibile che la donna possa ottenere le 500 firme di patrocinio da parte di autorità locali che sono necessarie per potersi presentare alle elezioni.
”Ho deciso di proporre a tutte le donne di Francia di accettare la mia candidatura alle presidenziali della Repubblica francese”, ha dichiarato Kenza Drider dopo la condanna di due francesi a pagare una multa per aver indossato il velo integrale nel primo processo di questo tipo.
Kenza Drider aveva già fatto parlare di sé prendendo di proposito il TGV, il treno ad alta velocità, davanti a fotografi e giornalisti, all’indomani dell’entrata in vigore della legge sul velo integrale, con lo scopo di farsi multare. Per l’eventuale campagna elettorale, Kenza Drider ha nominato oggi come sua portavoce Hind Ahmas, una delle due donne condannate oggi al pagamento dell’ammenda.

La strage in Norvegia e la tolleranza verso l’islam in Europa


La recente scioccante tragedia in Norvegia, ha evidenziato la discrepanza tra le nazioni europee e le loro popolazioni musulmane. Il norvegese sospettato di aver ucciso 76 persone a Oslo e in un raduno giovanile su un’isola vicina, afferma di avere compiuto una missione per “salvare l’Europa” dall’ insediamento musulmano. L’Ultra-nazionalista Anders Behring Breivik ha accusato il partito laburista che ha ospitato il raduno dei giovani di tradire la cultura norvegese, incoraggiando l’immigrazione. Un analisi statistica su un campione di europei mostra che vi è grande preoccupazione nell’ “ospitare” l’ Islam e l’immigrazione in generale.

Thomas Hylland Eriksen, un antropologo sociale presso l’Università di Oslo, ha detto che l’ideologia del sospetto è abbastanza nota in Norvegia e si è diffuso sui siti web dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre negli Stati Uniti un decennio fa. Secondo lui molti norvegesi ritengono che “I musulmani rappresentano una cultura aliena”, ma solo una minoranza di ultra-nazionalisti ritiene invece “che l’Islam sia incompatibile con la democrazia.” La tragedia del 22 luglio in Norvegia si concentra sulla crescita di una piccola nuova destra movimento in Europa, che deve essere presa seriamente come una minaccia per la sicurezza futura. Eriksen dice che ora in Norvegia potrebbe aumentare la tolleranza religiosa, ma che è troppo presto per dire se le uccisioni di massa a Oslo renderanno il popolo della Norvegia più aperto nei confronti dell’Islam. Tuttavia, egli dice “che potrebbe essere certamente un risultato.” “Forse questo tragico evento porterà a rendere chiaro che quando si vive qui in quanto cittadino la diversa religione non ha molta importanza. ”

Le indagini mostrano che l”islamofobia” in pubblico è aumentata negli ultimi anni, sostiene Ross Clark che si occupa di affari religiosi per L’Economist. E aggiunge che analisi recenti suggeriscono come i più istruiti abbiano meno probabilità di essere prevenuti nei confronti dell’Islam. Ross dice che la comprensione reciproca è fondamentale per garantire che le tensioni siano ridotti al minimo. Egli ritiene che i governi europei, le comunità e singoli cittadini dovrebbero svolgere un ruolo nel sostenere il messaggio di tolleranza verso le religioni. Dopo tutto, ha detto Ross, l’Islam, “è in realtà una religione di pace”.

Il ramadan 2011 comincia il 1 agosto.


il ramadam islamico quest’anno inzia il 1 agosto. Per tutto il mese (il nono mese del calendario islamico), il miliardo di fedeli dell’Islam sparsi per il mondo dovranno osservare un regime di vita particolarmente ristretto secondo quando prescrive il versetto 183 della seconda Sura del libro del Corano ove si legge: ‘Credenti, vi è stato prescritto il digiuno come è stato prescritto a coloro che sono venuti prima di voi e può esser che siate timorati per giorni contati‘. I fedeli dovranno inoltre osservare 5 turni di preghiera al giorno. In italia sono 1 milione e mezzo i musulami con presenze particolarmente rilevanti in Lombardia ( 200000) Emilia Romagna ( 100000) e Lazio (80000)

Il testo della lettera del cardinale Angelo Scola a Dionigi Tettamanzi


Di seguito il testo della lettera l’appena nominato arcivescovo di Milano Angelo Scola ha inviato al predecessore Dionigi Tettamanzi

Al carissimo confratello nell’episcopato Card. Dionigi,
a tutti i fedeli della Chiesa ambrosiana,
a tutti gli abitanti dell’Arcidiocesi di Milano,
mi preme accompagnare la decisione del Santo Padre di nominarmi Arcivescovo di Milano con un primo affettuoso saluto.
Voi comprenderete quanto la notizia, che mi è stata comunicata qualche giorno fa, trovi il mio cuore ancora oggi in un certo travaglio. Lasciare Venezia dopo quasi dieci anni domanda sacrificio. D’altro canto la Chiesa di Milano è la mia Chiesa madre. In essa sono nato e sono stato simultaneamente svezzato alla vita e alla fede.
L’obbedienza è l’appiglio sicuro per la serena certezza di questo passo a cui sono chiamato. Attraverso il Papa Benedetto XVI l’obbedienza mia e Vostra è a Cristo Gesù. Per Lui e solo per Lui io sono mandato a Voi. E comunicare la bellezza, la verità e la bontà di Gesù Risorto è l’unico scopo dell’esistenza della Chiesa e del ministero dei suoi pastori. Infatti, la ragion d’essere della Chiesa, popolo di Dio in cammino, è lasciar risplendere sul suo volto Gesù Cristo, Luce delle genti. Quel Volto crocifisso che, secondo la profonda espressione di San Carlo, «faceva trasparire l’immensa luminosità della divina bontà, l’abbagliante splendore della giustizia, l’indicibile bellezza della misericordia, l’amore ardentissimo per gli uomini tutti» (Omelia del 16 marzo 1584). Gesù Risorto accompagna veramente il cristiano nella vita di ogni giorno e il Crocifisso è oggettivamente speranza affidabile per ogni uomo e ogni donna.
In questo momento chiedo a Voi tutti, ai Vescovi ausiliari, ai presbiteri, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate, ai fedeli laici l’accoglienza della fede e la carità della preghiera. Lo chiedo in particolare alle famiglie, anche in vista del VII Incontro mondiale.
Vi assicuro che il mio cuore ha già fatto spazio a tutti e a ciascuno.
Sono preso a servizio di una Chiesa che lo Spirito ha arricchito di preziosi e variegati tesori di vita cristiana dall’origine fino ai nostri giorni. Lo abbiamo visto, pieni di gratitudine, anche nelle beatificazioni di domenica scorsa. Mi impegno a svolgere questo servizio favorendo la pluriformità nell’unità. Sono consapevole dell’importanza della Chiesa ambrosiana per gli sviluppi dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso.
Questo mio saluto si rivolge anche a tutti gli uomini e le donne che vivono le molte realtà civili della Diocesi di Milano, ed in modo particolare alle Autorità costituite di ogni ordine e grado: «L’uomo è la via della Chiesa, e Cristo è la via dell’uomo» (Benedetto XVI, Omelia nella beatificazione di Giovanni Paolo II, 1.05.2011).
Vengo a Voi con animo aperto e sentimenti di simpatia e oso sperare da parte Vostra atteggiamenti analoghi verso di me.
Chiedo al Signore di potermi inserire, con umile e realistica fiducia, nella lunga catena degli Arcivescovi che si sono spesi per la nostra Chiesa. Come non citarne qui almeno taluni che ci hanno preceduto all’altra riva? Ambrogio, Carlo, Federigo, il card. Ferrari, Pio XI, il card. Tosi, il card. Schüster, Paolo VI e il card. Colombo.
Ho bisogno di Voi, di tutti Voi, del Vostro aiuto, ma soprattutto, in questo momento, del Vostro affetto.
Chiedo in particolare la preghiera dei bambini, degli anziani, degli ammalati, dei più poveri ed emarginati. Lo scambio d’amore con loro, ne sono certo, è ancor oggi prezioso alimento per l’operosità dei mondi che hanno fatto e fanno grande Milano: dalla scuola all’università, dal lavoro all’economia, alla politica, al mondo della comunicazione e dell’editoria, alla cultura, all’arte, alla magnanima condivisione sociale…
Un augurio particolare voglio rivolgere alle migliaia e migliaia di persone che sono impegnate negli oratori feriali, nei campi-scuola, nelle vacanze guidate, e in special modo ai giovani che si preparano alla Giornata mondiale della Gioventù di Madrid.
Domando una preghiera speciale alle comunità monastiche.
Nel porgere a Voi tutti questo primo saluto, voglio dire il mio intenso affetto collegiale ai Cardinali Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi.
Non voglio concludere queste righe senza esprimere fin da ora la mia gratitudine a tutti i sacerdoti, primi collaboratori del Vescovo, di cui ben conosco l’ambrosiana, diuturna dedizione ecclesiale e la capillare disponibilità verso gli uomini e le donne del vasto territorio diocesano.
Mi affido all’intercessione della Madonnina che, dall’alto del Duomo, protegge il popolo ambrosiano.
In attesa di incontrarVi, nel Signore Vi benedico
Angelo Card. Scola
Venezia, 28 giugno 2011

Andrea Riccardi alla scoperta di papa Wojtyla


Andrea Riccardi, studioso del cristianesimo e fondatore della comunità di Sant’Egidio ha scritto un’interessantre biografia su Giovanni Poolo II. l’autore non cela la sua simpatia per il personaggio Wojtla ma riesce comunque a una ricostruzione valida sul piano scientifico del pontificato del papa polacco. Riicardi evidenzia con linguaggio acessibile a un pubblico ampio la continuità tra la formazione umana e religiosa di Wojtyla ragazzo, giovane prete, cardinale nella Polonia comunista, e successore di Pietro, restituendo al soglio pontificio la sua autentica dimensione universale

Benedetto XVI si schiera per la tutela ambientale


CITTA’ DEL VATICANO, 30 AGO – ‘Incoraggio i Paesi industrializzati a cooperare responsabilmente per il futuro del pianeta’ afferma il papa. ‘E perche’ – aggiunge Benedetto XVI dopo l’Angelus a Castelgandolfo – non siano le popolazioni piu’ povere a pagare il maggior prezzo dei mutamenti climatici’. Il papa ha augurato agli studenti un buon inizio di anno scolastico ed ha esortato i coniugi a dedicarsi ‘generosamente all’educazione dei figli’.

La Cei sugli immigrati morti in mare: “Offesa all’umanità”


Duro commento della Cei sulla vicenda dei 77 eritrei morti nella traversata verso l’Italia. Un sopravvissuto: “A mano a mano li gettavano in mare. Almeno dieci imbarcazioni non ci hanno aiutato”. Unhcr: aiuti negati in mare, colpa del governo italiano
Cei: offesa all’umanità E’ una “grave offesa all’umanità e al senso cristiano della vita”. È quanto ha detto all’Adnkronos monsignor Bruno Schettino, Presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e arcivescovo di Capua. “È una morte assurda – ha aggiunto – donne bambini innocenti gettati in mare, è il senso dell’uomo che decade, urge l’impegno dei cristiani di attivarsi concretamente verso coloro che soffrono, il problema è umano prima che politico”. Rispetto al problema dell’immigrazione così come esso si presenta oggi nel nostro Paese “come educatori di umanità e di umanesimo -afferma monsignor Schettino – dobbiamo essere propositivi, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni, nel senso di una vera accoglienza verso i poveri. Davanti al povero bisogna inchinarsi. Il tema dell’accoglienza riguarda cristiani e non cristiani, l’umano è sempre umano”.

Benedetto XVI: resurrezione Cristo evento storico


UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 15 aprile 2009

Cari fratelli e sorelle,

la consueta Udienza Generale del mercoledì è oggi pervasa di gaudio spirituale, quel gaudio che nessuna sofferenza e pena possono cancellare, perché è gioia che scaturisce dalla certezza che Cristo, con la sua morte e risurrezione, ha definitivamente trionfato sul male e sulla morte. “Cristo è risorto! Alleluia! ”, canta la Chiesa in festa. E questo clima festoso, questi sentimenti tipici della Pasqua, si prolungano non soltanto durante questa settimana – l’Ottava di Pasqua – ma si estendono nei cinquanta giorni che vanno fino alla Pentecoste. Anzi, possiamo dire: il mistero della Pasqua abbraccia l’intero arco della nostra esistenza.

In questo tempo liturgico sono davvero tanti i riferimenti biblici e gli stimoli alla meditazione che ci vengono offerti per approfondire il significato e il valore della Pasqua. La “via crucis”, che nel Triduo Santo abbiamo ripercorso con Gesù sino al Calvario rivivendone la dolorosa passione, nella solenne Veglia pasquale è diventata la consolante “via lucis”. Visto dalla risurrezione, possiamo dire che tutta questa via della sofferenza è cammino di luce e di rinascita spirituale, di pace interiore e di salda speranza. Dopo il pianto, dopo lo smarrimento del Venerdì Santo, seguito dal silenzio carico di attesa del Sabato Santo, all’alba del “primo giorno dopo il sabato” è risuonato con vigore l’annuncio della Vita che ha sconfitto la morte: “Dux vitae mortuus/regnat vivus – il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa!” La novità sconvolgente della risurrezione è così importante che la Chiesa non cessa di proclamarla, prolungandone il ricordo specialmente ogni domenica: ogni domenica, infatti, è “giorno del Signore” e Pasqua settimanale del popolo di Dio. I nostri fratelli orientali, quasi a evidenziare questo mistero di salvezza che investe la nostra vita quotidiana, chiamano in lingua russa la domenica “giorno della risurrezione” (voskrescénje).

È pertanto fondamentale per la nostra fede e per la nostra testimonianza cristiana proclamare la risurrezione di Gesù di Nazaret come evento reale, storico, attestato da molti e autorevoli testimoni. Lo affermiamo con forza perché, anche in questi nostri tempi, non manca chi cerca di negarne la storicità riducendo il racconto evangelico a un mito, ad una “visione” degli Apostoli, riprendendo e presentando vecchie e già consumate teorie come nuove e scientifiche. Certamente la risurrezione non è stata per Gesù un semplice ritorno alla vita precedente. In questo caso, infatti, sarebbe stata una cosa del passato: duemila anni fa uno è risorto, è ritornato alla sua vita precedente, come per esempio Lazzaro. La risurrezione si pone in un’altra dimensione: é il passaggio ad una dimensione di vita profondamente nuova, che interessa anche noi, che coinvolge tutta la famiglia umana, la storia e l’universo. Questo evento che ha introdotto una nuova dimensione di vita, un’apertura di questo nostro mondo verso la vita eterna, ha cambiato l’esistenza dei testimoni oculari come dimostrano i racconti evangelici e gli altri scritti neotestamentari; è un annuncio che intere generazioni di uomini e donne lungo i secoli hanno accolto con fede e hanno testimoniato non raramente a prezzo del loro sangue, sapendo che proprio così entravano in questa nuova dimensione della vita. Anche quest’anno, a Pasqua risuona immutata e sempre nuova, in ogni angolo della terra, questa buona notizia: Gesù morto in croce è risuscitato, vive glorioso perché ha sconfitto il potere della morte, ha portato l’essere umano in una nuova comunione di vita con Dio e in Dio. Questa è la vittoria della Pasqua, la nostra salvezza! E quindi possiamo con sant’Agostino cantare: “La risurrezione di Cristo è la nostra speranza”, perché ci introduce in un nuovo futuro.

È vero: la risurrezione di Gesù fonda la nostra salda speranza e illumina l’intero nostro pellegrinaggio terreno, compreso l’enigma umano del dolore e della morte. La fede in Cristo crocifisso e risorto è il cuore dell’intero messaggio evangelico, il nucleo centrale del nostro “Credo”. Di tale “Credo” essenziale possiamo trovare una espressione autorevole in un noto passo paolino, contenuto nella Prima Lettera ai Corinzi (15,3-8) dove, l’Apostolo, per rispondere ad alcuni della comunità di Corinto che paradossalmente proclamavano la risurrezione di Gesù ma negavano quella dei morti – la nostra speranza –, trasmette fedelmente quello che egli – Paolo – aveva ricevuto dalla prima comunità apostolica circa la morte e risurrezione del Signore.

Egli inizia con una affermazione quasi perentoria: “Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!” (vv. 1-2). Aggiunge subito di aver loro trasmesso quello che lui stesso aveva ricevuto. Segue poi la pericope che abbiamo ascoltato all’inizio di questo nostro incontro. San Paolo presenta innanzitutto la morte di Gesù e pone, in un testo così scarno, due aggiunte alla notizia che «Cristo morì». La prima aggiunta è: morì «per i nostri peccati»; la seconda è: «secondo le Scritture» (v. 3). Questa espressione «secondo le Scritture» pone l’evento della morte del Signore in relazione con la storia dell’alleanza veterotestamentaria di Dio con il suo popolo, e ci fa comprendere che la morte del Figlio di Dio appartiene al tessuto della storia della salvezza, ed anzi ci fa capire che tale storia riceve da essa la sua logica ed il suo vero significato. Fino a quel momento la morte di Cristo era rimasta quasi un enigma, il cui esito era ancora insicuro. Nel mistero pasquale si compiono le parole della Scrittura, cioè, questa morte realizzata “secondo le Scritture” è un avvenimento che porta in sé un logos, una logica: la morte di Cristo testimonia che la Parola di Dio si è fatta sino in fondo “carne”, “storia” umana. Come e perché ciò sia avvenuto lo si comprende dall’altra aggiunta che san Paolo fa: Cristo morì «per i nostri peccati». Con queste parole il testo paolino pare riprendere la profezia di Isaia contenuta nel Quarto Canto del Servo di Dio (cfr Is 53,12). Il Servo di Dio – così dice il Canto – “ha spogliato se stesso fino alla morte”, ha portato “il peccato di molti”, ed intercedendo per i “colpevoli” ha potuto recare il dono della riconciliazione degli uomini tra loro e degli uomini con Dio: la sua è dunque una morte che mette fine alla morte; la via della Croce porta alla Risurrezione.

Nei versetti che seguono, l’Apostolo si sofferma poi sulla risurrezione del Signore. Egli dice che Cristo «è risorto il terzo giorno secondo le Scritture». Di nuovo: “secondo le Scritture”! Non pochi esegeti intravedono nell’espressione: «è risorto il terzo giorno secondo le Scritture» un significativo richiamo di quanto leggiamo nel Salmo 16, dove il Salmista proclama: «Non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la corruzione» (v.10). È questo uno dei testi dell’Antico Testamento, citati spesso nel cristianesimo primitivo, per provare il carattere messianico di Gesù. Poiché secondo l’interpretazione giudaica la corruzione cominciava dopo il terzo giorno, la parola della Scrittura si adempie in Gesù che risorge il terzo giorno, prima cioè che cominci la corruzione. San Paolo, tramandando fedelmente l’insegnamento degli Apostoli, sottolinea che la vittoria di Cristo sulla morte avviene attraverso la potenza creatrice della Parola di Dio. Questa potenza divina reca speranza e gioia: è questo in definitiva il contenuto liberatore della rivelazione pasquale. Nella Pasqua, Dio rivela se stesso e la potenza dell’amore trinitario che annienta le forze distruttrici del male e della morte.

Cari fratelli e sorelle, lasciamoci illuminare dallo splendore del Signore risorto. Accogliamolo con fede e aderiamo generosamente al suo Vangelo, come fecero i testimoni privilegiati della sua risurrezione; come fece, diversi anni dopo, san Paolo che incontrò il divino Maestro in modo straordinario sulla Via di Damasco. Non possiamo tenere solo per noi l’annuncio di questa Verità che cambia la vita di tutti. E con umile fiducia preghiamo: “Gesù, che risorgendo dai morti hai anticipato la nostra risurrezione, noi crediamo in Te!”. Mi piace concludere con una esclamazione che amava ripetere Silvano del Monte Athos: “Gioisci, anima mia. È sempre Pasqua, perché Cristo risorto è la nostra risurrezione!”. Ci aiuti la Vergine Maria a coltivare in noi, e attorno a noi, questo clima di gioia pasquale, per essere testimoni dell’Amore divino in ogni situazione della nostra esistenza. Ancora una volta, Buona Pasqua a voi tutti!

Messaggio Urbi et orbi di Benedetto XVI- pasqua 2009


MESSAGGIO URBI ET ORBI
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

PASQUA 2009

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero!

Formulo di cuore a voi tutti l’augurio pasquale con le parole di sant’Agostino: “Resurrectio Domini, spes nostra – la risurrezione del Signore è la nostra speranza” (Agostino, Sermo 261, 1). Con questa affermazione, il grande Vescovo spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto perché noi, pur destinati alla morte, non disperassimo, pensando che con la morte la vita sia totalmente finita; Cristo è risorto per darci la speranza  (cfr ibid.).

In effetti, una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. E questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico  dato di fede: Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna. Quest’annuncio sta nel cuore del messaggio evangelico. Lo dichiara con vigore san Paolo: “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”. E aggiunge: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini” (1 Cor 15,14.19). Dall’alba di Pasqua una nuova primavera di speranza investe il mondo; da quel giorno la nostra risurrezione è già cominciata, perché la Pasqua non segna semplicemente un momento della storia, ma l’avvio di una nuova condizione: Gesù è risorto non perché la sua memoria resti viva nel cuore dei suoi discepoli, bensì perché Egli stesso viva in noi e in Lui possiamo già gustare la gioia della vita eterna.

La risurrezione pertanto non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua “pasqua”, il suo “passaggio”, che ha aperto una “nuova via” tra la terra e il Cielo (cfr Eb 10,20). Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, che al tramonto del Venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba. Infatti all’alba del primo giorno dopo il sabato, Pietro e Giovanni hanno trovato la tomba vuota. Maddalena e le altre donne hanno incontrato Gesù risorto; lo hanno riconosciuto anche i due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane; il Risorto è apparso agli Apostoli la sera nel Cenacolo e quindi a molti altri discepoli in Galilea.

L’annuncio della risurrezione del Signore illumina le zone buie del mondo in cui viviamo. Mi riferisco particolarmente al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana. È un fatto che se Cristo non fosse risorto, il “vuoto” sarebbe destinato ad avere  il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione. Ma proprio oggi prorompe con vigore l’annuncio della risurrezione del Signore, ed è risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro di Qoèlet: “C’è forse qualcosa di cui si possa dire: / Ecco, questa è una novità?” (Qo 1,10). Sì, rispondiamo: nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato. “Mors et vita / duello conflixere mirando: dux vitae mortuus/ regnat vivus – Morte e vita si sono affrontate / in un prodigioso duello: / il Signore della vita era morto; / ma ora, vivo, trionfa. Questa è la novità! Una novità che cambia l’esistenza di chi l’accoglie, come avvenne nei santi. Così, ad esempio, è accaduto per san Paolo.

Più volte, nel contesto dell’Anno Paolino, abbiamo avuto modo di meditare sull’esperienza del grande Apostolo. Saulo di Tarso, l’accanito persecutore dei cristiani, sulla via di Damasco incontrò Cristo risorto e fu da Lui “conquistato”. Il resto ci è noto. Avvenne in Paolo quel che più tardi egli scriverà ai cristiani di Corinto: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17). Guardiamo a questo grande evangelizzatore, che con l’entusiasmo audace della sua azione apostolica, ha recato il Vangelo a tante popolazioni del mondo di allora. Il suo insegnamento e il suo esempio ci stimolino a ricercare il Signore Gesù. Ci incoraggino a fidarci di Lui, perché ormai il senso del nulla, che tende ad intossicare l’umanità, è stato sopraffatto dalla luce e dalla speranza che promanano dalla risurrezione. Ormai sono vere e reali le parole del Salmo: “Nemmeno le tenebre per te sono tenebre / e la notte è luminosa come il giorno” (139[138],12). Non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio. Addirittura il regno stesso della morte è stato liberato, perché anche negli “inferi” è arrivato il Verbo della vita, sospinto dal soffio dello Spirito (v. 8).

Se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono ancora tanti, troppi segni del suo vecchio dominio. Se mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore. E’ questo il messaggio che, in occasione del recente viaggio apostolico in Camerun e in Angola, ho inteso portare a tutto il Continente africano, che mi ha accolto con grande entusiasmo e disponibilità all’ascolto.  L’Africa, infatti, soffre in modo smisurato per i crudeli e interminabili conflitti – spesso dimenticati – che lacerano e insanguinano diverse sue Nazioni e per il numero crescente di suoi figli e figlie che finiscono preda della fame, della povertà, della malattia.  Il medesimo messaggio ripeterò con forza in Terrasanta, ove avrò la gioia di recarmi fra qualche settimana. La difficile ma indispensabile riconciliazione, che è premessa per un futuro di sicurezza comune e di pacifica convivenza, non potrà diventare realtà che grazie agli sforzi rinnovati, perseveranti e sinceri, per la composizione del conflitto israelo-palestinese. Dalla Terrasanta, poi, lo sguardo si allargherà sui Paesi limitrofi, sul Medio Oriente, sul mondo intero.  In un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di povertà antiche e nuove, di cambiamenti climatici preoccupanti, di violenze e miseria che costringono molti a lasciare la propria terra in cerca di una meno incerta sopravvivenza, di terrorismo sempre minaccioso, di paure crescenti di fronte all’incertezza del domani, è urgente riscoprire prospettive capaci di ridare speranza. Nessuno si tiri indietro in questa pacifica battaglia iniziata dalla Pasqua di Cristo, il Quale – lo ripeto – cerca uomini e donne che lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi, quelle della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore.

Resurrectio Domini, spes nostra! La risurrezione di Cristo è la nostra speranza! Questo la Chiesa proclama oggi con gioia: annuncia la speranza, che Dio ha reso salda e invincibile risuscitando Gesù Cristo dai morti; comunica la speranza, che essa porta nel cuore e vuole condividere con tutti, in ogni luogo, specialmente là dove i cristiani soffrono persecuzione a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace; invoca la speranza capace di suscitare il coraggio del bene anche e soprattutto quando costa. Oggi la Chiesa canta “il giorno che ha fatto il Signore” ed invita alla gioia. Oggi la Chiesa prega, invoca Maria, Stella della Speranza, perché guidi l’umanità verso il porto sicuro della salvezza che è il cuore di Cristo, la Vittima pasquale, l’Agnello che “ha redento il mondo”, l’Innocente che “ha riconciliato noi peccatori col Padre”. A Lui, Re vittorioso, a Lui crocifisso e risorto, noi gridiamo con gioia il nostro Alleluia !

La CEI istituisce fondo di garanzia per i prestiti delle famiglie


La Cei, grazie ad un accordo con l’Abi, ha istituito un fondo di garanzia per concedere prestiti alle famiglie in difficolta’. Il fondo, da circa 30 milioni, e’ in grado di generare prestiti per 300 milioni. Potranno farne richiesta di accesso le famiglie regolari con tre figli o malati a carico che abbiano perso ogni fonte di reddito.

Il Papa all’Angelus ricorda il suo viaggio in Africa


Città del Vaticano (AsiaNews) – Un ringraziamento a Dio, ma anche alla Chiesa dell’Africa, alla sua gioia, al senso del sacro, e al sacrificio di tanti missionari in quella terra: è il grazie rivolto oggi da Benedetto XVI prima della preghiera dell’Angelus con i pellegrini presenti nella piazza san Pietro. Riservandosi di parlarne in modo più approfondito il prossimo mercoledì, all’udienza generale, il papa ha detto: “Desidero prima di tutto ringraziare Iddio e quanti, in vario modo, hanno collaborato alla buona riuscita del viaggio apostolico che ho potuto compiere in Africa nei giorni scorsi, ed invoco sui semi sparsi in terra africana l’abbondanza delle benedizioni del Cielo”. Il papa spiega che vi sono due elementi che lo hanno impressionato: “Il primo è la gioia visibile nei volti della gente, la gioia di sentirsi parte dell’unica famiglia di Dio”; il secondo è “il forte senso del sacro che si respirava nelle celebrazioni liturgiche, caratteristica questa comune a tutti i popoli africani ed emersa, potrei dire, in ogni momento della mia permanenza tra quelle care popolazioni”.

Riferendosi poi al Vangelo della domenica, che ricorda le parole di Gesù sul chicco di grano che se muore “produce molto frutto” (Gv 12,24), ha spiegato: “Bisogna…che Gesù muoia, come un chicco di grano che Dio Padre ha seminato nel mondo. Solo così infatti potrà germogliare e crescere una nuova umanità, libera dal dominio del peccato e capace di vivere in fraternità, come figli e figlie dell’unico Padre che è nei cieli”. E ha aggiunto: “Nella grande festa della fede vissuta insieme in Africa, abbiamo sperimentato che questa nuova umanità è viva, pur con i suoi limiti umani. Là dove i missionari, come Gesù, hanno dato e continuano a spendere la vita per il Vangelo, si raccolgono frutti abbondanti. A loro desidero rivolgere un particolare pensiero di gratitudine per il bene che fanno. Si tratta di religiose, religiosi, laici e laiche. E’ stato bello per me vedere il frutto del loro amore a Cristo e constatare e la profonda riconoscenza che i cristiani hanno per essi. Rendiamone grazie a Dio, e preghiamo Maria Santissima perché nel mondo intero si diffonda il messaggio della speranza e dell’amore di Cristo”. Continua a leggere

Il Papa colpito dall’esuberanza e dalla fede degli africani


Citta’ del Vaticano, 23 mar – Due sono le impressioni piu’ vive che la settimana di viaggio in Africa ha lasciato nell’animo di papa Benedetto XVI: la ”cordialita’ quasi esuberante” degli africani e il loro forte ”senso del sacro”. A confidarlo e’ stato lo stesso pontefice, confidandosi con i giornalisti sul volo che lo sta riportando in Italia. Le sue parole sono riportate dalla Radio Vaticana. ”Mi sono rimaste nella memoria soprattutto due impressioni – ha detto papa Ratzinger -: da una parte l’impressione di questa cordialita’ quasi esuberante, di questa gioia, di un’Africa in festa, e mi sembra che nel Papa hanno visto, diciamo, la personificazione del fatto che siamo figli e famiglia di Dio. Esiste questa famiglia e noi con tutti i limiti siamo in questa famiglia e Dio e’ con noi. E cosi’ la presenza del Papa ha … aiutato a sentire questo … E dall’altra parte mi ha fatto grande impressione lo spirito di raccoglimento nelle liturgie, il forte senso del sacro: nelle liturgie non c’e’ autopresentazione dei gruppi, autoanimazione, ma c’e’ la presenza del sacro, di Dio stesso; anche i movimenti erano sempre movimenti di rispetto e di coscienza della presenza divina”.

Benedetto XVI: “Africa rialzati!”


Un milione di persone sono accorse questa mattina nella spianata di Cimangola, in uno scenario imponente a ridosso del cementificio di Luanda e di fronte l’Oceano atlantico, per ascoltare l’appello di Benedetto XVI: Africa, alzati e mettiti in cammino per un domani migliore senza più guerre, ha esortato il Pontefice durante la messa. La terza e ultima giornata in Angola per Ratzinger è cominciata con il “dolore e lo sconcerto” per la notizia della morte, ieri, di due giovani, durante la ressa creatasi agli ingressi dello stadio di Luanda. Poi il Papa ha raggiunto lo spiazzo di Cimangola e dal palco, di fronte a una folla sterminata, ha consegnato il suo messaggio tornando a chiedere la fine dei conflitti e un grande sforzo per la pace e la riconciliazione. “Tragicamente, le nuvole del male hanno ottenebrato anche l’Africa, compresa questa amata nazione di Angola. Pensiamo – ha detto Ratzinger – al flagello della guerra, ai frutti feroci del tribalismo e delle rivalità etniche, alla cupidigia che corrompe il cuore dell’uomo, riduce in schiavitù gli uomini e priva le generazioni future delle risorse di cui hanno bisogno per creare una società più solidale e più giusta”. Il pontefice chiede poi di resistere alle insidie morali del presente. “Che dire – ha osservato – di quell’insidioso spirito di egoismo che chiude gli individui in sé stessi, divide le famiglie e conduce inevitabilmente all’edonismo, all’evasione in false utopie attraverso l’uso della droga, all’irresponsabilità sessuale, all’indebolimento del legame matrimoniale, alla distruzione delle famiglie e all’eliminazione di vite umane innocenti mediante l’aborto?”. Infine, Benedetto XVI infonde fiducia. “Cari fratelli e sorelle – ha scandito, concludendo la sua omelia – alzatevi! Ponde-vos a caminho! (Ponetevi in cammino). Guardate al futuro con speranza, confidate nelle promesse di Dio e vivete nella sua verità”. Il Papa, con il suo viaggio, vuole inoltre portare l’attenzione del mondo su un continente spesso dimenticato dai potenti della Terra e così, prima di pronunciare l’Angelus, rivolge un ultimo appello. Gli uomini e le donne del mondo “volgano i loro occhi all’Africa, a questo grande continente così colmo di speranza, ma ancora così assetato di giustizia, di pace, di un sano e integrale sviluppo che possa assicurare al suo popolo un futuro di progresso e di pace”. Infine l’ auspicio per la fine del conflitto nella vicina regione dei Grandi Laghi, mentre la tv angolana ha parlato di una presenza alla messa che avrebbe raggiunto il picco di 2 milioni di persone.

In Africa “oggi nessuno dovrebbe piu’ dubitare del fatto che le donne, sulla base della loro dignita’ pari a quella degli uomini, hanno pieno diritto di inserirsi attivamente in ogni ambito della vita pubblica, e il loro diritto deve essere affermato e protetto anche mediante strumenti legali”: e’ quanto dichiarato da Benedetto XVI nell’incontro di questo pomeriggio con le associazioni femminili cattoliche angolane. (Agr)